«Rabbunì, che io veda di nuovo!»
Ascolta il meraviglioso commento di don Fabio Rosini
al Vangelo della XXX domenica, 28 ottobre 2012,
Marco 10, 46-52:
L'icona, l'immagine della preghiera:
Bartimeo, l'uomo che grida e ha imparato l'arte di pregare...
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!», che è la preghiera del cuore,
quella che gli orientali considerano la più ordinaria ed efficace delle armi contro la tentazione.
L'umiltà che sa chiedere, la professione di fede accompagnata dal proprio grido,
al ritmo del proprio respiro, che dice chi è Lui e chi siamo noi,
e tutto il nostro bisogno di Lui e la nostra possibilità di essere liberati e salvati.
Quest'uomo dice: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».
Capiamo da questa frase quale sia la forza della sua preghiera:
LUI SA CHE ESISTE LA LUCE, RICORDA CHE UN TEMPO C'ERA.
NON E' RASSEGNATO AL BUIO.
Ricorda che un tempo c'erano i colori.
Ricorda che c'era un'altra maniera di stare nella vita.
Molto spesso, la mostra preghiera è svuotata, è banale e annoiata,
perché di fatto non c'è dentro L'INTUIZIONE DELLA BELLEZZA:
nessuno chiede davvero qualcosa se questo qualcosa non gli interessa.
E giù a sciorinare preci, riti e liturgie, in fondo non si sa bene perché, così...
per far contenta non si sa quale istanza divina di assolvimento burocratico...
DIO CI HA DONATO LA MEMORIA DELLA LUCE,
c'è nel cuore dell'uomo la memoria della luce.
E' qualcosa di originale nell'uomo,
qualcosa che si ribella alla bruttezza, al grigiume, al tirare a campare.
Ognuno di noi deve
PESCARE AL FONDO DELLA PROPRIA ANGOSCIA per pregare,
perché anche l'angoscia è un dono di Dio,
è il dono del senso dell'errore, del senso della distanza dalla propria pienezza.
Che errore che facciamo a voler scappare da questa angoscia,
che errore madornale nel crescere le nuove generazioni
cercando di rendere sempre morbido tutto,
evitando le tensioni, quella richiesta, quell'insufficienza che c'è in ognuno di noi.
Ho da pregare! Ho da chiedere perché la luce mi manca ancora,
me ne manca ancora un po'...
Ma qui c'è anche un trucco: questo anablepo,
preformante rispetto a blepein, che vuol dire "vedere",
non significa soltanto "vedere di nuovo", ma "vedere dall'alto",
vedere di una visione che altra, superiore.
Perché noi possiamo credere di avere la vista che questo poveretto non aveva,
ma forse non abbiamo né noi né lui il tipo di vista che sta chiedendo,
che forse lui ha un po' più di noi già di partenza,
visto ciò che riconosce nel Signore Gesù:
LA VISTA DELLE COSE SECONDO DIO,
perché finché io le cose non le vedo secondo Dio,
sono un cieco.
Quando Eva, nel racconto di Genesi, guarda l'albero,
lo guarda ormai con l'occhio acciecato:
il vietato come appetibile, la trasgressione come una via di realizzazione,
la rottura della fiducia in Dio come qualcosa di divertente...
E' un po' la visione che noi stessi abbiamo dell'uomo,
che mi mette in contraddizione con Dio, col mio Creatore,
con il Signore Gesù Cristo stesso.
E' aver perso la visione delle cose, è il non vedere più.
Sto qui, vedo le cose che faccio ogni giorno,
ma non ci vedo più la bellezza, com'è?
Allora credo che le devo cambiare,
che le devo buttare via, che ne devo avere di nuove.
Ma sono i miei occhi che sono malati!
Dice il vangelo di Matteo:
"Se il tuo occhio è malato, quanto grande sarà la tenebra!"
Ti sei innamorato di tua moglie che era una fata,
una meraviglia di bellezza:
com'è mai che ora non vedi in lei altro che difetti?
VEDERE E' FINALMENTE VEDERE L'AMORE,
LA BELLEZZA, LA PROVVIDENZA,
IL DISEGNO DI DIO SULLA PROPRIA ESISTENZA,
E' SCOPRIRSI, GUARDARSI BELLI.
Come si vede un occhi acciecato?
Un esempio è quello che permette di scoprire la propria superbia:
I SUPERBI QUANDO GUARDANO GLI ALTRI
VEDONO SOLO I DIFETTI.
Coloro che assolutizzano il loro modo di vedere
e si sono chiusi in una lettura sbagliata della vita,
vedono solo i difetti degli altri, vedono solo i problemi.
E' una maniera di guardare, che tutti abbiamo un po'.
Quando recuperi la vista, il senso dell'amore di Dio
e della tua esistenza, vedi la bellezza degli altri,
delle cose, dei fatti. E' uno sguardo spirituale, saporito,
bello, fiducioso...
Dice san Francesco: "Alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio!"
C'è una tenebra nel cuore dell'uomo,
dalla quale ogni mattina mi devo riscattare,
ogni mattina devo gridare: "Dio, vieni a salvarmi!"
Vieni presto in mio aiuto, perché sennò sono un cieco,
guardo le cose da superficiale, non incontrando la verità,
che è nascosta nella profonda nostalgia che ho di allegria,
di gioia, di bellezza, di comunione, di slancio, di amore.
Bisogna arrivare alla luce, e quest'uomo ci mostra come si fa.
Innanzi tutto si grida, come pazzi!
E si deve combattere con la gente che dice di non gridare,
tante cose nella nostra testa che dicono: ma che preghi a fare,
ma lascia perdere, tira a campare, adattati,
ciò che è assolutamente impossibile da conciliare con l'essere cristiani,
perché un cristiano non può assolutamente essere mediocre.
Essere cristiani vuol dire avere sete di infinito,
lo cerca nelle cose e con l'aiuto di Dio lo trova.
Quest'uomo non si rassegna ad essere cieco, grida
e se gli dicono di tacere, grida più forte,
perché la luce la dobbiamo avere, che siamo nati per stare nella tenebra?
Bisogna gridare finché Dio non ci parli,
gridare finché Dio non ci chiami,
gridare finché Gesù non si fermi:
Gesù non si ferma subito perché le nostre domande spesso non sono vere,
sono fatte tanto per farle, finché non mi stufo.
Vediamo se ti stufi, vediamo se questa cosa la vuoi veramente...
Avere la luce nel cuore vuol dire saper vivere,
e quest'uomo ha capito che bisogna insistere,
perché se lo ricorda che c'era la luce,
perché era tanto bello vedere
e non si rassegna a vivere da mendicante,
quindi lo fa fermare Gesù
e Gesù gli dice: "Chiamatelo"
ed egli getta via il mantello, che è la sua condizione,
il suo ruolo, la sua veste, tutto ciò che ha,
lo butta via, balza in piedi, viene da Gesù:
prima ancora di avere la luce ha lasciato ogni suo possesso,
perché ha capito che tanto non serve a niente mantenere certe cose,
che se ti arriva la grazia di Dio tutto è ricchezza, tutto è bellezza!
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don Fabio Rosini |
(Trascrizione mia).
Ma c'è ancora un altro punto importantissimo per avere una buona vista:
LA NOSTRA CAPACITA' DI VEDERE VIENE INFLUENZATA
DA CIO' CHE ASCOLTIAMO.
Infatti la fede, che è questa luce, questo sguardo celeste che viene dall'alto,
questa capacità di vedere le cose e i fatti secondo Dio,
ci viene dall'ascolto della predicazione, dell'annuncio del vangelo dell'amore di Dio,
della risurrezione di Cristo e del perdono dei nostri peccati.
Allo stesso modo, il peccato e la ciecità ci vengono da un'altra predicazione,
da una falsa notizia, quella del diavolo, che ci viene rappresentata
nel racconto del dialogo tra il serpente ed Eva nella Genesi,
che insinua in noi il sospetto, la sfiducia, l'orgoglio, la malizia,
l'incapacità di vedere il buono e il bello nella creazione
e nella nostra vita.
Bisogna perciò imparare a scegliere accuratamente chi ascoltiamo
e a scacciare i pensieri che ci rendono ciechi e avvelenano il nostro cuore.
Ci sono angeli buoni e angeli malvagi,
messaggeri che vengono da Dio e altri che vengono dal nemico,
figli della luce e figli delle tenebre.
Ecco una canzone che parla di tutto questo:
L'angelo buono che hai dentro