"Ogni persona sviluppa solo una minima parte del proprio potenziale interiore.
L'io, il centro della personalità, paga per le proprie
difese, per le proprie
sicurezze
(che spesso sono dettate dalla
paura, e la paura è cattiva consigliera)
un prezzo enorme in termini di piacere, gioia, felicità:
la rinuncia a molte possibilità presenti nell'universo.
Ma quando la personalità ha raggiunto un'adeguata forza e maturità
non si accontenta dei limiti che si è imposta
o che gli altri e l'ambiente hanno imposto...
Nessuno è condannato a dire e fare sempre le stesse cose:
gli ossessivi fanno così, la
ripetizione dà loro una
pseudosicurezza,
la libertà li angoscia, perché non tutto è sotto controllo...
Questo non avviene a chi ama,
i suoi confini tendono ad ampliarsi automaticamente,
perché sente un'
energia che lo spinge in avanti;
chi ama si sente uno col partner e con tutto il mondo,
non c'è nulla da difendere, è tutto da incrementare, da espandere.
La
persona amata è la porta attraverso cui poter fare entrare
nel mondo interno il cosmo, tutte le meraviglie dell'universo
escluse dall'io per paura".
G. BASSI R. ZAMBURLIN
"
La comunicazione nel rapporto di coppia" , San Paolo 2008
"
Dio non è nella rigidità,
Dio non è nel trattenersi,
Dio non è nel chiudersi.
E' nello sbilanciarsi, che è
lo sbilanciarsi dell'amore."
ANGELO CASATI
La paura di morire, e quella di vivere.
La paura di ciò che è precario e
insicuro.
La paura della nostra fragilità, e di quella degli altri.
Don
Angelo Casati, prete-poeta milanese, tocca uno ad uno
tutti i tasti di
quell'affanno che ci fa troppo spesso restare immobili,
mentre la vita
scorre.
Perché vogliamo avere controllo su tutto?
Perché non accettiamo
la nostra provvisorietà?
Le sue parole aprono piccoli squarci di luce
nel buio delle nostre ansie.
"
Non temete!" dice il Vangelo.
Ed è in
fondo quello che questo suo libro prova a farci sentire.
MATTEO 6, 25-34
"Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete,
né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale
forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono,
né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non
valete forse più di loro?
E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e
domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca
fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena".
Mi seducono le immagini che Gesù come
sempre usa.
Uccelli, granai, vestiti, gigli e erba del campo.
E penso ai
nostri documenti senza immagini, pesanti, senza poesia,
e prendo paura
per le mie parole
.
E mi seducono i verbi del racconto di
Matteo contro l'affanno.
All'imperativo, un richiamo forte. Tre
imperativi al negativo e uno al positivo.
Al negativo il verbo che dice
affanno, ansia:
«Non affannatevi per la vostra vita, di quello che
mangerete e berrete»,
«non af-fannatevi dunque dicendo: Che cosa
mangeremo? Che cosa berremo?»,
«non affannatevi dunque per il domani».
Imperativo al positivo "cercate":
«Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia».
Ma ci sono altri due
imperativi al positivo
che solitamente vengono trascurati e che io
vorrei ri-cordare:
"guardate", "osservate": «guardate gli uccelli del
cielo», «osservate i gigli del campo».
Una cosa ancora mi colpisce.
Nei
versetti precedenti Matteo ha messo in guardia dall'accumulo:
«non
accumulate tesori», ha messo in guardia da una ricchezza
che diventa
mammona, assolutezza, porto di affidamento.
Dire "amen" alla ricchezza e
non a Dio.
Ma qui Gesù distoglie dall'affanno non per l'accumulo dei
beni,
ma per ciò che sembra invece necessario, il cibo e il vestito.
E
non aveva lui forse difeso i discepoli che in giorno di sabato
avevano
colto spighe? E non aveva forse Dio cucito vestiti
per il terrestre e la
sua donna nel giardino delle origini?
E allora mi si fa strada nella mente .
una
distinzione tra "occuparsi" e "preoccuparsi".
O, se volete, tra
occuparsi delle cose, anche le più necessarie,
ed essere occupati, cioè
subire una occupazione, un'invasione, un dominio.
Non hai più la mente
sgombra, non hai più l'anima libera.
La tua testa è altrove. Sei
occupato.
Perdi le persone, le cose, gli eventi. Con la testa sei
altrove.
Quali sono le motivazioni portate da Gesù contro l'affanno?
Una
prima è che il preoccuparsi è segno di stoltezza:
puoi forse aggiungere
un'ora sola alla tua vita?
Puoi aggiungere un palmo alla tua statura?
La gestione della vita è forse nelle tue mani?
Non dovremo forse
riconciliarci con la nostra provvisorietà?
L'ansia non viene forse anche
da questa preoccupazione
che tutto sia sotto controllo? Tutto secondo
la pro-grammazione?
Accetta la precarietà. La provvisorietà che ci
segna.
Sorridi, impariamo a sorridere di noi stessi,
soprattutto di noi
stessi quando ci diamo l'immagine di uno che ha in mano il mondo.
Don Gino Riboldi tempo fa mi raccontava
di aver visto in Sardegna
una maglietta con una scritta che tanto lo
aveva divertito.
L'avrebbe voluta riproporre anche a Milano. Sulla
ma-glietta era scritto:
«Dio esiste. Non sei tu. Rilassati».
Il rischio poi insito nell'eccesso di
preoccupazione è
quello di trascurare ciò che vale di più.
La vita, il
respiro vitale non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Respiro
vitale e corpo, cioè il nostro stesso essere.
L'ansietà, l'affanno non
ci portano forse a trascurare noi stessi e gli altri?
Il cibo. Ho pensato a Marta e Maria.
Marta che si occupa del cibo, Maria che ascolta.
Accoccolata ai piedi
di Gesù. E Marta, irritata: «Dille che mi aiuti».
E Gesù: «Marta, Marta,
tu ti affanni - lo stesso verbo di Matteo -
e ti agiti per molte cose;
ora c'è bisogno di una cosa sola.
Maria infatti ha scelto la parte buona
che non le sarà tolta» (Lc 10, 41-42).
Marta non è certo rimproverata
perché pensa al cibo, perché si occupa,
ma perché è occupata, perché
mestieri e cibo chiudono l'orizzonte.
Lei - vuol far capire Gesù - è
molto di più.
Non si può ridurre una donna ai mestieri di casa,
non deve
succedere che le cose di casa le tolgano il respiro, il respiro vitale.
È fatta, ancor più e prima, di altro:
Gesù la vuol difendere nella sua
vera identità e dignità.
L'affanno - vuol farle capire - le toglie il
respiro vitale.
La seconda motivazione che spinge a non
affannarsi
è forse ancor più profonda. Dio è Padre.
Lui si occupa delle
realtà anche minime.
Degli uccelli dell'aria, dell'erba del campo.
Valgono poco gli uccelli dell'aria, costano un minimo;
vale poco l'erba
del campo, la si brucia.
Ebbene, Dio se ne occupa. C'è dentro una cura
di Dio.
Vuoi che non si occuperà di noi?
Ed ecco il verbo al positivo: «Cercate
prima il regno di Dio
e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno
date in aggiunta».
Che non è un "prima" di tempo: fai una cosa prima e
poi ne fai un'altra.
È un prima di "primato". Il primato va a Dio e al
suo regno.
Un primato a Dio, a un Dio, vorrei subito aggiungere,
che non
è un Dio generico, astratto, l'essere perfettissimo,
ma a un Dio che è
"padre".
Cercate il suo regno, cercate il suo sogno sulla terra,
cercate
la sua giustizia, che non sta nella giustizia stretta degli scribi e
farisei,
ma nella dismisura dell'amore.
Non sta nella reciprocità, ma
nell'eccesso, nella gratuità.
Cercate, lasciate entrare dentro di voi,
il suo sogno.
«Tutte queste cose vi saranno date in
aggiunta».
E non certo nel senso che avrai vantaggi economici.
Ma nel
senso che dentro l'orizzonte
del regno le cose avranno un'anima.
Restituirai un senso, un'anima alle
cose,
che non saranno più appiattite nel consumo, ma avranno la luce
del dono.
Non saranno più ristrette, impoverite nell'angustia della
meschinità,
della mancanza di respiro, ma avranno il respiro del "per
tutti".
Così salvi la vita, non solo quella futura, questa vita.
«Non affannatevi dunque per il domani,
perché il domani avrà già le sue inquietudini».
Sembra, ci illudiamo, di
fare un servizio alla vita affannandoci per essa.
Sembra di diminuire
attenzione alla vita invitando a non preoccuparsi.
È il contrario.
L'affanno non ti lascia guardare la vita.
Capitano cose e tu non ci sei.
Un cuore libero, non pieno, ti fa essere aperto al regno
che passa
nelle cose: «Il regno di Dio è in mezzo a voi»,
«il regno di Dio è
dentro di voi».
L'invito a non affannarci non è dunque
invito a essere senza pensiero
o senza sguardo per le cose. Se mai ad
avere un pensiero
e uno sguardo più profondo: "guardate", "osservate".
Non "chiudete gli occhi". Apriteli e troverete senso e dimensioni....
ANGELO CASATI